25 novembre 2014

 

La prima legge di tutela del paesaggio e delle bellezze naturali. Ecco la presentazione di Benedetto Croce.

Benedetto Croce nel 1920 (vir. azzurro) «Perché difendiamo, per il bene di tutti, quadri, musiche e libri, e non difendiamo le bellezze della Natura?» si chiedeva il grande storico e filosofo Benedetto Croce nella presentazione al suo Disegno di legge (oggi riprodotto da un sito internet con qualche errore*) sulla “Tutela delle bellezze naturali”, da lui scritta e letta come proponente e Ministro della Cultura nel Governo Nitti nella seduta del Senato del 25 settembre 1920, e che pubblichiamo qui di seguito.

Quella che sarà la prima legge di tutela della Natura e del Paesaggio nazionale in Italia (n. 204), viene presentata, sia pure con qualche cautela, al Senato, perché i Senatori essendo di nomina regia a differenza della Camera elettiva – e allora si era nominati soprattutto per censo – erano spesso ricchi proprietari di vaste tenute o palazzi d’arte, e perciò temevano che potesse essere minacciata la loro “proprietà privata” da permessi, controlli o divieti dello Stato, sia pure per il bene o la bellezza del Paese.

La legge Croce fa parte di un’interessante evoluzione degli interventi di protezione del Paesaggio dalla classe liberale del Risorgimento in poi. Molto bello al riguardo il saggio “Benedetto Croce ministro e la prima legge sulla tutela del paesaggio”, letto da S.Settis all’Università di Venezia Ca’ Foscari nel 2011. Sulla storia delle leggi di tutela del Paesaggio si possono leggere anche il saggio di F. Gargallo, e il saggio di S. Marano.

La legge Croce pone per la prima volta, sulla scia delle legislazioni più progredite in Europa, rigorosi criteri per valutare i beni paesaggistici e i primi vincoli sostanziali. Ed è anche dotata di una bellissima e sorprendente premessa, molto moderna e valida ancor oggi. Oggi, però, riteniamo meritevoli di essere protette anche le rarità botaniche e geologiche, pur non esteticamente o storicamente rilevanti.

Dalla relazione apprendiamo che Croce conosceva bene i primi movimenti ecologici in Europa e perfino i primi conservazionisti dell’800. E’ il liberale Croce, nientedimeno, a ricordare agli ecologisti di oggi che la prima protesta “ecologista” fu quella di un certo Ruskin, inglese (1862), Era del resto lui stesso un grande appassionato difensore del Paesaggio naturale oltreché delle bellezze storiche e dei monumenti, tanto che proporrà personalmente anche il primo Parco protetto in Italia, quello d’Abruzzo, e aderirà a tutti comitati per la difesa del verde pubblico e privato. Fu anche tra gli Amici di Villa Borghese, insieme con la Deledda, quando si temeva per la distruzione e urbanizzazione di questo parco urbano nel centro di Roma, così come era avvenuto, scandalosamente, per Villa Boncompagni Ludovisi nell’attuale quartiere romano di via Veneto e piazza Fiume.

Ad ogni modo, da questo disegno di “legge Croce” del 1920 (poi entrato in vigore con piccole modifiche come Legge n.778 dell’11 giugno 1922, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 1922, n.148), trarranno ispirazione le due leggi Bottai del 1939 e 1940 che partendo dai principi e dalle formulazioni di Croce introducono l’importante distinzione fra “bellezze individue” e “bellezze d’insieme”, e soprattutto prevedono la pianificazione paesistica (l’art. 5 attribuisce al ministro dell’Educazione nazionale la “facoltà di disporre un piano territoriale paesistico”, volto a impedire un’utilizzazione pregiudizievole alla bellezza panoramica delle località vincolate dalla medesima legge” (V. De Lucia in un bel saggio storico sulla tutela del Paesaggio dall’Ottocento ai giorni nostri, in Eddybourg).

Ma da Croce prende spunto anche lo stesso innovativo articolo 9 della Costituzione repubblicana, unico tra le Costituzioni di tutto il Mondo, sia nel contenuto, sia per la sua importante collocazione tra i principi generali. E non dimentichiamo che lo stesso Croce era uno dei Costituenti (N.V.).

«Onorevoli Colleghi. Che una legge in difesa delle bellezze naturali d'Italia sia invocata da più tempo e da quanti uomini colti e uomini di studio vivono nel nostro paese, è cosa ormai fuori di ogni dubbio; i numerosi voti di accademie artistiche e d'istituti scientifici, che in varie occasioni, ed anche recentemente, sono pervenuti al nostro Ministero, ne sono la più viva dimostrazione. E che una legge siffatta, la quale ponga finalmente un argine alle ingiustificate devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo, desiderata sia anche dal Parlamento, non è neppure da dubitare, dopo che due ordini del giorno, affermanti la necessità e l'urgenza di essa, furono approvati dalla Camera prima, quando nel 1905 si discusse il disegno di legge sulla pineta di Ravenna, e dal Senato poi in occasione della legge di tutela monumentale del 20 giugno 1909 n. 364.

«Aggiungasi che su questa base di preventiva approvazione di massima l'onorevole Rosadi presentò di sua iniziativa un disegno di legge che la Commissione parlamentare accettò integralmente, e che solo per vicende politiche non giunse all'onore della pubblica discussione. Ma v'ha di più, che recentissimamente, discutendosi alla Camera il disegno di legge di “Modificazioni alla dotazione della Corona e riordinamento del patrimonio artistico nazionale” dal Ministro della pubblica istruzione onorevole Baccelli, e dal Presidente, del Consiglio, onorevole Nitti, fu affermata la necessità e per alte ragioni morali e per non meno importanti ragioni di pubblica economia, di difendere o di mettere in valore, nella più larga misura possibile, le maggiori bellezze d'Italia quelle naturali e quelle artistiche.

«Bene avvisato, dunque, fu il Sottosegretario di Stato alle belle arti, onorevole Molmenti, il quale, come suo primo atto di Governo, volle che una Commissione di competenti persone presieduta dall'onorevole Rosadi, studiasse il problema della difesa delle nostre bellezze naturali.

«In relazione con tale studio, che fu compiuto con encomiabile alacrità, è il presente disegno di legge, che ora sottopongo al Vostro esame e alla vostra approvazione.

«È nella difesa delle bellezze naturali un altissimo interesse morale e artistico che legittima l'intervento dello Stato, e s'identifica con l'interesse posto a fondamento delle leggi protettrici dei monumenti e della proprietà artistica e letteraria.

«Certo il sentimento, tutto moderno, che si impadronisce di noi allo spettacolo di acque precipitanti nell'abisso, di cime nevose, di foreste secolari, di riviere sonanti, di orizzonti infiniti deriva della stessa sorgente, da cui fluisce la gioia che ci pervade alla contemplazione di un quadro dagli armonici colori, all'audizione di una melodia ispirata, alla lettura di un libro fiorito d'immagini e di pensieri. E se dalla civiltà moderna si sentì il bisogno di difendere, per il bene di tutti, il quadro, la musica, il libro, non si comprende, perché siasi tardato tanto a impedire che siano distrutte o, manomesse le bellezze della natura, che danno all'uomo entusiasmi spirituali così puri e sono in realtà ispiratrici di opere eccelse. Non è da ora, del resto, che si rilevò essere le concezioni dell'uomo il prodotto, oltre che delle condizioni sociali del momento storico, in cui egli è nato, del mondo stesso che lo circonda, della natura lieta o triste in cui vive, del clima, del cielo, dell'atmosfera in cui si muove e respira.

«E fuvvi anche chi affermò, con profondo intuito, che anche il patriottismo nasce dalla secolare carezza del suolo agli occhi, ed altro non essere che la rappresentazione materiale e visibile della patria, coi suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli.

«Queste idee, del resto, sono da tempo presso tutti i popoli civili il presupposto di ogni azione di difesa delle bellezze naturali, azione che, in Germania, fu appunto detta di difesa della patria (Heimatschutz). Difesa, cioè, di quel che costituisce la fisonomia, la caratteristica, la singolarità, per cui una nazione si differenzia dall'altra, nell'aspetto delle sue città, nelle linee del suo suolo, nelle sue curiosità geologiche; e da alcuni si aggiunge, (dai tedeschi stessi e dagli inglesi) negli usi, nelle tradizioni, nei ricordi storici, letterari, leggendari, in tutto ciò insomma, che plasma l'anima della razza, o meglio ha influito o maggiormente influisce allo sviluppo dell'anima nazionale.

«Si è insomma compreso come non sia possibile disinteressarsi da quelle peculiari caratteristiche del territorio, in cui il popolo vive e da cui, come da sorgenti sempre fresche, l'anima umana attinga ispirazioni di opere e di pensieri.

«Il movimento a favore della conservazione delle bellezze naturali rimonta al 1862, allorquando John Ruskin sorse in difesa delle quiete valli dell'Inghilterra minacciate dal fuoco strepitante delle locomotive e dal carbone fossile delle officine, e si diffuse lentamente ma tenacemente in tutte le nazioni civili, e specie in quelle in cui più progredite sono le industrie e i mezzi di locomozione. Infatti questi mezzi, togliendo più facilmente gli uomini all'affannosa vita delle città, per avvicinarli più spesso alle pure gioie dei campi, han diffuso questo anelito, tutto moderno, verso le bellezze della natura, mentre le industrie, fatte più esigenti dalla scoperta della trasformazione della forza, elettricità, luce, calore, attentano ogni giorno più alla vergine poesia delle montagne, delle foreste, delle cascate.

«Il dissidio fra questi nuovi bisogni del senso estetico più raffinato e del godimento materiale eccitatore di una produzione più intensa, fra le ragioni del bello e l'interesse pratico, fra il rispetto alle antiche tradizioni e il bisogno di far luogo alle cose nuove, non poteva non determinarsi; e, dovunque coltura e gentilezza non sono un nome vano, sorsero associazioni potenti per mettere in valore le bellezze naturali, e imporre, premendo sull'opinione pubblica, la necessità di sanzioni positive contro le ingiustificate e spesso inutili manomissioni del paesaggio nazionale: così in Inghilterra, così in Germania, così in Francia, in Austria, in Isvizzera, nel Belgio, ed anche in Italia. In molti di questi paesi, infatti, si promulgarono da tempo (prima della guerra, s'intende) leggi di protezione più o meno efficaci; nel granducato di Hess la legge del 1902 sulla conservazione dei monumenti provvide anche alla tutela dei fenomeni naturali, dei corsi d'acqua, delle rocce, degli alberi; in Baviera, un decreto del 1901 impose la protezione in genere delle bellezze naturali; in Prussia, non solo un decreto del 1904 pose tra i monumenti ciò che serve all'effetto delle scene notevoli e del paesaggio (le rovine, ad esempio), ma un istituto di Stato fu preposto alla difesa della natura; in Austria, dopo un'inchiesta sulle bellezze naturali del paese compiuto dalla Facoltà di filosofia della Università di Vienna, una legge estese ai paesaggi e ai fenomeni naturali la protezione dei monumenti; in Francia è del 21 aprile 1906 la legge “pour organiser la protection des sites et monuments naturels”; in Svizzera, per la quale è noto come i suoi magnifici paesaggi siano la fonte precipua della sua prosperità economica, sono varie le leggi federali e cantonali per la protezione delle bellezze naturali e specialmente delle cascate, e nel 1913 fu creato, col concorso del Governo, il grandioso Parco nazionale della Bassa Engadina.

«E in Italia? Abbiamo accennato agli ordini del giorno votati dalla Camera e dal Senato e al disegno di legge Rosadi, e alle ragioni di pubblica economia che stanco a cuore al Presidente del Consiglio per mettere in valore le bellezze naturali, che furono in ogni tempo e sono il vanto e una della maggiore attrattiva dell'Italia nostra. Aggiungiamo adesso che si è discusso se la legge di tutela monumentale potesse estendersi, sic et simpliciter, alle bellezze naturali, ma l'Ufficio centrale del Senato fu di avviso contrario, considerando che per gli effetti legislativi che ne sarebbero derivati e pei mezzi di applicazione di quella legge si correva il pericolo di fare poco più di una semplice affermazione di principio. Fu, insomma, dello stesso parere del Senato francese, il quale, quando si discusse nel 1887 la legge relative à la conservation des monuments et objets d'art avants un intérét historique et artistique, non credette comprendervi i blocchi erratici, in quanto che, se essi erano interessantissimi come fenomeni naturali non appartenevano né alla storia, né all'arte, e la logica del diritto richiedeva che fossero radiati dall'elenco dei monumenti. Tuttavia, in occasione di minacciate vendite di celebri ville, esistenti anche nel centro di Roma, per farne un'utilizzazione contraria alla loro destinazione, si volle almeno salvare subito queste, in attesa di provvidenze legislative generali per tutte le bellezze naturali; e fu presentata al Parlamento, e il Parlamento approvò, quella che ora è la legge 23 giugno 1912, n. 688 con la quale si estendono le disposizioni della legge di tutela monumentale a ville, parchi e giardini d'interesse storico e artistico.

«Il disegno di legge si propone di tutelare le bellezze naturali e panoramiche, anzitutto imponendo l'obbligo ai proprietari, a norma dell'articolo 2, di presentare preventivamente alla Soprintendenza i progetti delle opere di qualsiasi genere che interessano gli immobili vincolati. E ciò, appunto, perché il Ministero sia posto in grado, dopo l'esame tecnico di tali progetti, di dare o di negare il permesso all'esecuzione dei lavori che si intende eseguire.

«Ma la bellezza naturale o del paesaggio può essere alterata o danneggiata anche da lavori e segnatamente da nuove costruzioni che si facciano fuori del perimetro degli immobili vincolati. Nel disegno di legge si è dovuto, quindi, inserire una disposizione speciale la quale valga ad impedire che il godimento delle bellezze naturali e panoramiche sia comunque impedito, che la vista ne sia ostacolata, che la prospettiva ne venga alterata, che nuove opere possano elevare come un sipario dinanzi alla bella scena paesistica o portare in essa una nota stonata e sgradevole.

«Si è così sulla via tracciata da antichi provvedimenti, trasfusi poi in regolamenti edilizi e ancora in vigore. È noto che i rescritti borbonici del 19 luglio 1841 e 17 gennaio 1842 e 31 maggio 1853 vietavano di alzare fabbriche le quali togliessero amenità o veduta lungo la via di Mergellina, di Posillipo, di Campo di Marte, di Capodimonte; ed il regolamento edilizio della città di Napoli ne fece tesoro aggiungendovi anche il “Corso Vittorio Emanuele” da cui si scopre il golfo meraviglioso. Nulla di nuovo, quindi, si è escogitato nel presente disegno di legge allorché all'art. 4 si è disposto che l'autorità governativa, affinché non sia danneggiato il godimento delle bellezze naturali e panoramiche, ha facoltà di prescrivere la distanza, le misure e tutte le altre norme che si riterranno necessarie nei casi di regolamenti edilizi e di piani regolatori e di ampliamento, nonché nei casi di nuove costruzioni, ricostruzioni e impianti industriali.

«Con le due disposizioni, or ora esaminate, nelle quali si riassume quasi tutta la economia della legge in rapporto ai diritti dei proprietari, nulla di più gravoso si stabilisce di quanto già è in vigore per la tutela dei monumenti. La differenza consiste nel non aver creduto di disporre diversamente (come nella legge 20 giugno 1909 n. 364) a seconda si tratti di cose appartenenti a persone giuridiche o a persone fisiche; e ciò perché non importa, agli effetti di una buona tutela delle bellezze naturali, che queste siano inalienabili quando sono di proprietà degli enti morali. Quel che importa è che non siano distrutte né alterate, chiunque ne sia il proprietario.

«Ma occorre che questi abbia avuta dal Ministero la notificazione dell'importante interesse della cosa da lui posseduta, appunto come impone la legge di tutela monumentale per le cose appartenenti a privati? Si, sebbene quando tale notificazione non sia per anco eseguita, il Ministero, il quale si accorge di lavori che possano distruggere o alterare la cosa, può mediante ingiunzione da farsi al proprietario dal prefetto della Provincia o dalla locale Soprintendenza, far sospendere i lavori iniziati.

«Ma, fatta la notificazione, poiché non s'impone al proprietario di fare la denuncia degli eventuali trapassi di proprietà, come potrà il Ministero aver conoscenza del nuovo proprietario, e come si vorrà pretendere che il nuovo proprietario sia edotto del vincolo che, per effetto di quella notificazione, da lui probabilmente ignorata, grava sulla propria cosa? Ad ovviare agli inconvenienti che ne potrebbero derivare, si è provveduto che la notificazione su istanza del Ministero sia inscritta nei registri catastali e trascritta nei registri delle conservatorie delle ipoteche: così essa avrà efficacia in tutti i tempi nei confronti di ogni successivo proprietario. La utilità di questo provvedimento è d'intuitiva evidenza; e la mancanza di esso costituisce per la legge di tutela monumentale ed artistica del 20 giugno 1909, n. 364 una vera lacuna, da tutti lamentata, e che bisognerà presto colmare.

«In che cosa dunque consistono le limitazioni al diritto di proprietà che s'impongono con questo disegno di legge? in una servitù per pubblica utilità, per la quale il proprietario è costretto a non fare o a fare in un certo modo che il Ministero approverà, o meglio consiglierà. In questo caso, ognun vede come la servitù abbia perduta ogni asprezza, in quanto potrà avvenire, come spesso è avvenuto pei monumenti, che il progetto delle opere da eseguirsi sia migliorato anche in confronto agli interessi economici del proprietario. Poiché, è bene tenere a mente questo: che nella, pratica tutto si riduce all'esame del caso per caso, esame che; fatto come dev'esser fatto senza preconcetti e priva la mente di ogni idea di sopraffazioni, si concreta in definitiva in un sistema di accordi e di reciproche intese, nel quale saranno contemperate le ragioni superiori della bellezza coi legittimi diritti dei privati. Né si dice che sia gravoso l'obbligo del proprietario a presentare alla competente Soprintendenza dei monumenti i progetti delle opere; giacché esso nulla ha di dissimile da quelli che impongono i regolamenti edilizi per la costruzione di nuovi fabbricati o per la modificazione dei vecchi e contro il quale nessuno ha mai protestato. E, d'altra parte, la nostra civiltà ha costituito una rete di simili obblighi, che risponde ad altrettante esigenze della vita moderna più complessa e sensibile.

«Disposizione di ordine sussidiario devesi ritenere quella contenuta nell'art. 5 contro gli abusi della pubblicità industriale e commerciale, che anche in Italia, sebbene in minor misura che all'estero, deturpa paesaggi, e pur troppo, anche edifici monumentali. Da più tempo (prima della guerra) e da più parti si son levate voci di protesta sui giornali e alla Camera dei deputati contro il brutto andazzo di offendere ogni angolo sacro all'arte e alla storia con una lebbra di quadri mastodontici e cartelloni di tutti i colori, e pitture murali e scritte luminose, diffondenti spesso una nota di volgarità, talvolta anche di disgusto, col ricordo di malattie e d'imperfezioni umane. In tutte le Nazioni civili si è sentito il bisogno di provvedere energicamente contro codesti eccessi, e va segnalata sopra tutto la Francia, dove, pure esistendo sin dal 20 aprile 1910 una legge speciale che proibisce l'affissione di avvisi commerciali sui monumenti e nei siti pittoreschi, si credette necessario di colpire con tasse proibitive la esposizione di cartelloni fuori del perimetro di 100 metri dai centri abitati, e il 9 luglio fu approvata con 530 voti su 3 contrari, la legge, che impone una tassa annua proporzionata alla dimensione dei cartelloni e che da 50 lire al metro quadrato si eleva sino a 400 !

«Noi non si è voluto giungere tanto; ma si è voluto vietare semplicemente l'uso di cartelli e di altri mezzi di pubblicità i quali danneggiano l'aspetto e il pieno godimento delle bellezze naturali e di quelle panoramiche. E vogliamo sperare che il Parlamento approverà questa modesta disposizione, di cui da così lungo tempo si sente il bisogno, imperocché è davvero inammissibile che, per raggiungersi da una sola classe di cittadini una discutibile utilità, che, del resto, può essere raggiunta in vari altri modi, dall'affissione in luoghi autorizzati alla distribuzione di fogli volanti, alla inserzione nei giornali e alla lettera circolare, si deturpi un monumento o si oltraggi una bella scena paesistica, destinati entrambi al godimento di tutti. E non è neppure ammissibile che chi possiede un edificio monumentale, una bella villa, un terreno di per sé di grande bellezza paesistica, o vicino a paesaggi e parchi e monumenti pregevoli, per un piccolo interesse quale può essere quello dell'affitto per l'esposizione di avvisi réclame, affitto che costituisce un uso contrario alla normale destinazione della cosa, sopprima o degradi la vista, che è poi un bene collettivo, di cose belle che sono l'orgoglio del paese e spesso richiamano alla mente le glorie della nostra storia. A nessuno, insomma, può essere lecito anche nell'esercizio di un suo diritto, di danneggiare altrui, o tanto meno la collettività, senza un interesse veramente preponderante ed apprezzabile.

«L'articolo 6 stabilisce la pena dell'ammenda per l'inosservanza degli obblighi stabiliti dal disegno di legge. Esso contempla, altresì, la comminatoria della procedura esecutiva per la remozione delle opere eseguite in contravvenzione alla legge stessa dando all'Amministrazione la facoltà di attuare direttamente e immediatamente l’interesse pubblico.

«Non sembra necessario soffermarsi sulle disposizioni contenute nell'art. 7 del presente disegno. Esso riguarda gli organi, diremo, di vigilanza che, sparsi in tutto il territorio del Regno, dovranno segnalare alla Soprintendenza o al Ministero tutto ciò che si va proponendo o già si va attuando contro le bellezze naturali della loro circoscrizione; pei monumenti e per le opere di antichità e scavi bastano gli ispettori onorari e le Commissioni provinciali previste dall'art. 47 della legge 27 giugno 1907, n. 386; ma per vigilare in tutti gli angoli più remoti del territorio essi non sarebbero sufficienti e perciò si vuol ricorrere anche agli uffici comunali e provinciali, agli uffici dei dipartimenti forestali e del Genio civile e agli Uffici tecnici di finanza i quali tutti mediante le guardie campestri, le guardie forestali i cantonieri stradali, hanno modo di dare le più sicure e sollecite notizie sui pericoli che minacciano le cose che con questo disegno di legge si vogliono tutelare.

«Onorevoli colleghi. Nulla di eccessivo è nel disegno di legge che si sottopone al vostro esame - nulla che offenda o ferisca il diritto di proprietà o, come da taluni si teme, quello dell'attività industriale della nazione. Anzi quel che in fondo ad ogni disposizione risiede è la preoccupazione di costituire un sistema di accordi fra i privati e l'amministrazione delle Belle arti, e fra questa e le altre amministrazioni pubbliche affinché senza gravi sacrifici di ciò che è in cima a’ pensieri di tutti, economia nazionale e conservazione del privilegio di bellezza che vanta l'Italia, siano composti con spirito di conciliazione i vari interessi contrastati.

«Voi giudicherete e farete le vostre osservazioni, apportando quelle modifiche che la vostra esperienza crederà opportune e non lesive dei criteri che ispirano il presente disegno di legge, e sarà vostro vanto se in materia così ardua il Parlamento italiano avrà saputo sapientemente provvedere»

BENEDETTO CROCE, Ministro dell’Istruzione Pubblica, presentatore del Disegno di legge n.204 sulla “Tutela della bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico”. Seduta del Senato del Regno d’Italia del 25 settembre 1920.

(*) NOTA. Il testo oggi leggibile su internet della premessa alla legge di Croce, ripreso da tutti i siti, contiene almeno due madornali refusi dovuti alla digitalizzazione: un “interesse poetico” (cpv: Il dissidio) che deve essere secondo logica “interesse pratico, e un “si tacciano”(cpv: Ma la bellezza) che deve essere evidentemente “si facciano”. Possibile che nessuno se ne sia accorto finora?

IMMAGINE. Benedetto Croce in una fotografia del 1920.

AGGIORNATO IL 1 GENNAIO 2015


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