26 giugno 2007

 

Dai danni all’ambiente al cambiamento del clima: chi è di destra o di sinistra?

Si fa confusione tra clima e inquinamento. I politici ambientalisti e alcuni scienziati impegnati hanno dato ad intendere a giornalisti, divulgatori scientifici e largo pubblico che per arrestare il cambiamento climatico sia sufficiente ridurre l'inquinamento prodotto dall'uomo, soprattutto le fabbriche. Gli accordi di Kyoto sono il culmine di questa ipotesi spacciata per verità inconfutabile.
Ma basta scavare un poco nella concatenazione delle conoscenze a nostra disposizione per accorgersi del danno prodotto dai luoghi comuni sull'argomento. L'effetto paradossale, infatti, potrebbe essere quello di spostare l'attenzione dalla riduzione dei danni all'ambiente al problema del cambiamento climatico in sé. Forse gli scienziati di sinistra - è la provocazione - non si rendono conto che in tal modo si allontanano da una posizione "di sinistra" classica. Per molti sarà una sorpresa, ma come si è già visto nell'articolo precedente del prof. Mazzarella la realta delle cose è un po' diversa. Ne parla il prof. Franco Ortolani, ordinario di geologia, direttore del Dipartimento di panificazione e scienza del territorio all'Università di Napoli Federico II, in un articolo che riprendiamo dalla newsletter Napoli Libera ricevuta oggi.
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IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E' DI DESTRA O DI SINISTRA?
di Franco Ortolani
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Il cambiamento climatico è una realtà. Per l’uomo moderno tecnologico è una novità. Per l’umanità no! Negli ultimi millenni si è verificato un cambiamento simile con ciclicità millenaria.
L’inquinamento dell’atmosfera e dell’ambiente è una realtà. Per l’uomo moderno tecnologico e per l’umanità è una novità. Mai prima d’ora si era registrato un inquinamento naturale dell’atmosfera di simile entità.
La storia del clima e dell’ambiente
Gli archivi naturali evidenziano che in passato le concentrazioni di gas tipo CO2, metano ecc. hanno avuto sensibili variazioni naturali, aumentando nei periodi con clima anche più caldo dell’attuale.
I cambiamenti del clima e dell’ambiente, in natura, si sono sempre verificati in assenza di inquinamento ambientale antropogenico.
Gli archivi naturali integrati presenti nell’Area Mediterranea hanno consentito di ricostruire la storia del clima e dell’ambiente delle ultime migliaia di anni, come già evidenziato in Convegni internazionali organizzati a partire dal 1993 presso il Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello. I cambiamenti climatici anche più intensi dell’attuale si sono verificati su scala millenaria, naturalmente e senza l’inquinamento atmosferico antropogenico. La durata dei periodi caldi degli ultimi millenni è stata di circa 150-200 anni. Questi ultimi sono correlabili con le variazioni di attività solare su scala multisecolare.
L’attuale periodo di cambiamento climatico si sta instaurando secondo la naturale ciclicità millenaria e si sta sovrapponendo ad un crescente inquinamento antropogenico dell’atmosfera.
Il cambiamento climatico, quindi si svilupperà naturalmente, in relazione all’attività solare, come accaduto 1000 anni fa. L’ambiente sarà interessato da modificazioni rapide, diversificate in relazione alle attuali condizioni climatiche connesse alla latitudine.
Indipendentemente dalle attività umane, le popolazioni dovranno, comunque, adattarsi alle nuove condizioni climatico-ambientali.
Vanno attuate azioni tese a mitigare l’inquinamento atmosferico e ambientale in generale, essendo coscienti che il cambiamento climatico-ambientale non può essere contrastato. Sagge azioni devono essere individuate e attuate per mitigare i danni all’ambiente antropizzato.
Tale conclusione, strettamente connessa ai dati scientifici multidisciplinari, alla storia ambientale e alle previsioni delle modificazioni del prossimo futuro, dovrebbe essere individuata come una pragmatica posizione di "sinistra". Invece coloro che sostengono tali tesi sono marchiati di reazionarismo, di essere al servizio degli inquinatori del globo e di favorire l’ulteriore accentuazione della variazione climatica fornendo giustificazioni addomesticate (cambiamento climatico ciclico e naturale).
In base ai dati climatici strumentali che coprono gli ultimi 150 anni di storia, senza conoscere la storia del clima e dell’ambiente nelle ultime migliaia di anni, i ricercatori raggruppati nell’IPCC, sono giunti alla conclusione che molto probabilmente il cambiamento climatico attuale è provocato dall’inquinamento antropogenico dell’atmosfera. Tale versione, autoreferenziata e non scaturita e valicata da un confronto scientifico internazionale multidisciplinare, è stata ampiamente lanciata nei mass media con una vera e propria campagna pubblicitaria promozionale che ha imposto una versione monocromatica della causa del cambiamento climatico-ambientale. I governi di molte nazioni assumono, ormai, ufficialmente che l’uomo sia la causa del cambiamento climatico. Quindi, per contrastare i cambiamenti ambientali si deve intervenire sulle attività umane. Bisogna ridurre la produzione di gas ad effetto serra. Come?
Ad esempio introducendo l’uso di biocarburanti per consumare meno combustibili fossili.
Ecco come l’attenzione globale si è spostata, dagli interventi tesi a mitigare i danni ambientali nelle aree che saranno più interessate dal cambiamento climatico, sulle attività industriali che sono la fonte principale delle emissioni di gas ad effetto serra con la propagandata presunzione di poter così contrastare il cambiamento climatico (e non di contenere l’inquinamento ambientale).
Gli interventi da attuare nel prossimo futuro, conseguentemente, sono previsti nelle aree più industrializzate e causa prima delle emissioni inquinanti (che avrebbero provocato danni a tutto il pianeta). Tali interventi devono essere sostenuti anche dalla neocolonizzazione di aree poco sviluppate dal punto di vista socio-economico, che sarebbero assoggettate per produrre i biocarburanti necessari per ridurre le emissioni in atmosfera. In tal modo si crea una competizione nell’uso del suolo nelle aree povere. Le foreste e le aree già coltivate saranno progressivamente adibite alla produzione di biomassa per i biocarburanti che saranno sempre più usati nei paesi ricchi.
Tale conclusione, strettamente connessa agli interessi economici dei paesi ricchi a scapito dei paesi poco sviluppati, dovrebbe essere individuata come una pragmatica posizione di "destra". Invece su tali tesi si trovano schierati i partiti progressisti e quelli ambientalisti accanto ai neocolonialisti; per ignoranza, disinformazione, speculazione economica, interessi vari, sono sponsorizzati i biocarburanti, indiscriminatamente, sia dalle multinazionali che si stanno accaparrando l’esclusiva della produzione di biomasse nei paesi poveri che da coloro che dovrebbero essere i "progressisti" europei. Secondo Fidel Castro tale politica neocoloniale provocherà la scomparsa prematura di alcuni miliardi di abitanti delle aree povere.
La costosa campagna pubblicitaria che da qualche anno, monopolisticamente, cerca di inculcare nella popolazione la convinzione che l’uomo è l’unica causa del cambiamento climatico e delle catastrofi ambientali che saranno ad esso connesse, vera e propria televendita ben sponsorizzata e sostenuta economicamente, ha ottenuto un risultato che, se perseguito acriticamente, porterà ulteriore ricchezza nei paesi industrializzati e sempre più povertà nelle aree poco sviluppate del globo. Provocherà, con la progressiva sottrazione di aree all’agricoltura per la produzione di cibo e la distruzione delle foreste per produrre biomassa, un incremento delle emissioni nocive in atmosfera e non mitigherà gli impatti ambientali del cambiamento climatico nelle aree che, come 1000 anni fa, più saranno interessate.
Cosa fare? Prima di tutto va immediatamente promosso un dibattito scientifico multidisciplinare istituzionale internazionale, che finora è sempre stato contrastato dalla lobby che sponsorizza l’IPCC.
Le conclusioni dell’IPCC non hanno basi scientificamente valide in quanto si basano solo su dati climatici degli ultimi 150 anni; la storia del clima delle ultime migliaia di anni non esiste per l’IPCC. La storia delle relazioni tra attività solare e clima delle ultime migliaia di anni, evidenziata dai più validi fisici solari internazionali, per l’IPCC non esiste. Per l’IPCC esiste solo l’inquinamento atmosferico connesso alle attività antropiche degli ultimi 150 anni.
Scientificamente parlando, le conclusioni dell’IPCC non sono altro che un edificio senza fondazioni.
Dal punto di vista commerciale, le conclusioni dell’IPCC, per i paesi ricchi, aprono la strada ad un neocolonialismo sfrenato e all’ulteriore degrado socio-economico ed ambientale globale delle aree povere.
Va detto chiaramente che grazie alla efficace e interessata sponsorizzazione i risultati dell’IPCC, scientificamente banali, si sono trasformati, per legge e non per meriti scientifici, in verità scientifica.
L’applicazione del protocollo di Kioto va vista come attuazione di misure tese a ridurre l’inquinamento atmosferico e non come modo per combattere il cambiamento climatico.
Nelle aree povere dove il cambiamento climatico avrà significativi impatti negativi e dove circa 3 miliardi di persone non hanno ancora accesso all’acqua potabile, invece di sconvolgenti interventi neocoloniali, andrebbero attuate misure efficaci per adattare l’ambiente alle nuove condizioni climatiche che si intensificheranno nel prossimo secolo.
L’Europa finora si è accodata acriticamente e passivamente alla politica neocoloniale imposta dagli sponsor dell’IPCC.
L’Europa corre il rischio di applicare misure neocoloniali anche tra i suoi paesi membri in seguito ad una acritica promozione e facilitazione della produzione di biomassa che andrà a scapito delle qualificate produzioni agricole mediterranee.
Nel prossimo futuro i paesi del Mediterraneo, come accadde 1000 anni fa, saranno interessati dalla desertificazione delle zone costiere e dai più marcati cambiamenti ambientali che incideranno significativamente sull’economia e sicurezza ambientale; in tali aree vanno adottate concrete misure ambientali per la difesa delle risorse naturali, idonee a contenere i danni connessi al cambiamento climatico, e non misure tese ad avvantaggiare le attività industriali prevalentemente della parte centrosettentrionale dell’Europa che, come 1000 anni fa, sarà climaticamente favorita dalle nuove condizioni.
Prof. Franco Ortolani

20 giugno 2007

 

Val di Noto. La foglia di fico di Camilleri: trivelle per il gas no, grattacielo sì

A Orvieto, durante il Convegno del Comitato Nazionale del Paesaggio, Carlo Ripa di Meana, novello Cincinnato, di nuovo acclamato presidente (dopo aver salvato Italia Nostra dalla bancarotta era stato costretto dalla solita italica invidia a dimettersi), era contento della notizia del giorno. E tutti noi abbiamo gioito.
Quale notizia? Lo scrittore siciliano Camilleri, nume letterario della Sinistra, col suo appello su Repubblica (70 mila firme) contro le trivellazioni americane in Val di Noto, patrimonio dell’umanità per l’Unesco, era riuscito a bloccare i futuri lavori.
La ditta Panther, che aveva il permesso di trivellare in 746 km quadrati, ha rinunciato alle prospezioni vicino ai centri artistici (perdendo così 86 km quadrati), in segno di buona volontà, proprio mentre si stava per inaugurare il restauro della cupola della bella cattedrale della città barocca crollata dieci anni fa.
Ebbene, in questa dannata politica-spettacolo all’italiana, la cosa è passata come una "vittoria" bipartisan della ragione della Regione contro le pazzie della tecnologia moderna, della civiltà contadina contro l’industria, addirittura dell’Italia contro l’America. Insomma, una piccola "Sigonella 2". Hanno gioito e letto proclami sia la Sinistra (Repubblica, Pecoraro Scanio, Camilleri ecc), sia la Destra. Il presidente Udc della Regione, Cuffaro, ha detto con faccia tosta: "La rinuncia alle trivellazioni premia la perseveranza della Regione che stava predisponendo un disegno di legge per bloccarle". Ma nel 2004 fu proprio il governo Cuffaro a concedere il diritto alla Panther. L’unico che a suo tempo si oppose con forza fu l’assessore ai Beni Culturali, Fabio Granata (anche lui di destra, An): "È il segno che se c’è la volontà politica la Sicilia non è irredimibile", dice in un sms ad Alfio Sciacca del Corriere della Sera online. Addirittura.
Esagerati. Ma hanno visto il degrado di tipo libanese in cui versano la natura e le città d’arte in Sicilia, con tutti i soldi che prendono e che sprecano i politici locali? Altro che trivellazioni. E di gas, per giunta.
Il sospetto che le cose non stiano così come l’hanno raccontata i giornali è forte. In questa contorta vicenda ci sono davvero i buoni, i cattivi e gli scemi? E chi sono?
Carlo Stagnaro, dell’Istituto Bruno Leoni, in una lettera aperta a Camilleri, scritta imitando il colorito stile popolaresco del commissario Montalbano, smonta il teorema dello scrittore con l’aiuto tecnico d’un esperto di perforazioni. Non solo la ricerca riguarda ormai tutt’al più il gas metano e non il petrolio, che lì non ci può essere (10 pozzi di prova scavati negli ultimi 30 anni negli stessi luoghi senza che mai Camilleri protestasse lo dimostrano), ma non mette a rischio il patrimonio storico e artistico di Noto, e neanche il turismo. A nessun imprenditore verrebbe in mente, infatti, di trivellare zone di pregio artistico sottoposte a vincolo Unesco, tantomeno nei centri artistici o sul sagrato della cattedrale. E poi dovrebbe avere oltre al permesso generale per la perimetrazione, anche un permesso speciale per ogni trivellazione, per ogni "buco". E chi glielo darebbe il permesso di bucare il sagrato del Duomo o le altre aree protette? Inoltre la città di Noto è collinare e, poiché le trivellazioni costano quanto più sono profonde, nessuno comincerebbe lo scavo in collina.
Neanche minacciano le falde d’acqua - dice Stagnaro con l’aiuto del tecnico - come dimostrano le prospezioni di Villafortuna (Novara) sotto le risaie e sotto il Parco del Ticino, e come mostra l’Olanda che da quasi quarant’anni attinge a un giacimento di gas che è stato tra i più grandi d’Europa e si chiama Gröningen. Amsterdam non si è abbassata (e nei Paesi Bassi al livello delle coste ci tengono…) e gli olandesi esportano gas perfino in Italia.
Ma noi non prendiamo per oro colato i comunicati dei liberisti ultras dell’Istituto Bruno Leoni: potrebbero essere accecati dall’odio anti-ecologico e dall’ideologia "di destra", come del resto l’avversario Camilleri da quella ecologista e "di sinistra".
Diamo retta, invece, alla testimonianza d’un giornalista e scrittore siciliano di sinistra, Matteo Collura. Interpellato questa sera da un ascoltatore a "Zapping", del bravo ed equilibrato Aldo Forbice (Radio Rai), ha definito la denuncia del corregionario scrittore di romanzi polizieschi "una foglia di fico". Possibile?
Sì, perché - argomenta in sostanza Collura - Camilleri si fa bello, cerca facile successo, con una battaglia finta, vinta in partenza, visto che non c’è mai stato pericolo reale per la Val di Noto, quando tace sugli obbrobri più gravi della città, come il degrado e la sporcizia, e perfino su un orribile "grattacielo", un "fungo" visibile da lontano quando si arriva dalla periferia?
Dove erano le anime belle pronte a stracciarsi le vesti a poco prezzo per accarezzare un facile consenso, quando sindaco e Regione autorizzarono gli scavi, e soprattutto quando costruirono nel silenzio generale - per decenni - le brutture edilizie impiantate nella Noto barocca? L’invisibile gas, ammesso che se ne trovi ancora, che oltretutto sarebbe utile alla Sicilia come fonte alternativa poco inquinante, è più inquinante dei rifiuti, della sporcizia diffusa, o d’un orribile palazzone di cemento armato che deturpa per sempre un panorama urbano protetto dall’Unesco?

11 giugno 2007

 

"Sbagliati i modelli matematici. E’ il Sole la causa del surriscaldamento"

125mila anni fa la temperatura della Terra era più alta dell'attuale di ben 4°C, eppure in giro non si vedavano raffinerie di petrolio, automobili, impianti di riscaldamento, né le attività umane inquinanti erano così diffuse. E allora che cos’era, cos’è, che fa surriscaldare ciclicamente la Terra?
All’inizio di un’estate che una parte della comunità scientifica e tutta l’opinione pubblica - dai giornali alla tv, da internet ai discorsi in ufficio - preannunciano con sadico allarmismo infuocata e con siccità record, l'emergenza clima fa litigare anche i più diplomatici governanti come governanti isteriche: "Sei tu ricco che inquini. Devi produrre di meno". "No, sei tu ex povero che inquini, perché vuoi diventare ricco come me. Devi rispettare le regole".
Europa e Africasia contro Nord-America, Euramerica contro Cinindia, Cinindia contro tutti. Che caos.
Ma forse sbagliano tutti.
Il presupposto - diciamo così - "scientifico", il modello matematico che nutre i programmi dei computer e gli fa prevedere il domani e il dopodomani, potrebbe essere sbagliato. Insomma, carente di dati, non abbastanza rappresentativo di tutti i numerosi fattori reali coinvolti nel surriscaldamento delle temperature medie, nello scioglimento dei ghiacci, nell’innalzamento degli oceani, nell’imprevedibilità delle stagioni e delle condizioni meteorologiche.
Fatto sta che non si fa il minimo sforzo per cercare altri eventuali responsabili, e i cosiddetti "gas a effetto serra" sono ancora nel mirino, e condizionano ormai la politica mondiale. Senonché, il principale di essi, l’anidride carbonica, è lo stesso che emettiamo col respiro. Un altro, il metano, viene emesso di continuo, ovunque, con la degradazione del materiale organico e le fermentazioni batteriche, perfino nel ventre delle vacche, dei cammelli e delle pecore. Entrambi i gas naturali, poi, sono emessi da piante, soffioni o vulcani. Difficile, perciò, ipotizzare riduzioni così elevate delle emissioni umane da renderle significative rispetto alla massa di quelle naturali.
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Sull’argomento risportiamo un lucido intervento controcorrente, apparso ieri su Epolis, di Adriano Mazzarella, docente di climatologia dell’Università di Napoli.
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"Sul clima i grandi del mondo al G8 hanno raggiunto solo un compromesso per ridurre l'emissione dei gas a effetto serra. Quasi ogni giorno, i mass media diffondono scenari apocalittici sullo stato di salute del pianeta per i prossimi 100 anni. La particolare mitezza del clima dell'inverno e della primavera di quest'anno ha determinato nell'opinione pubblica e in una parte della comunità scientifica la convinzione che quest'estate sarà all'insegna del caldo estremo e di una siccità record.
Stiamo vivendo un periodo di intenso antropocentrismo con l'uomo che si illude di governare la macchina termica del sistema atmosfera-terra alla stregua di un capo macchinista. L'interpretazione del riscaldamento del pianeta solo attraverso com-plessi modelli matematici è estremamente semplicistica, in quanto i costruttori di tali modelli ritengono di poter spiegare il clima in maniera teorica partendo dall'ipotesi di base, mai provata, che il riscaldamento sia provocato dall'anidride carbonica (CO2) prodotta dall'uomo.
Tale certezza evita che si indaghi correttamente sull'esistenza delle cause naturali del riscaldamento globale ed in particolare di investigare sul paleoclima [il clima della più remota Antichità, NdR].
L'analisi delle goccioline d'aria racchiuse all'interno di un cilindro di ghiaccio, chiamato carota, estratto in An-tartide, lungo 3300 m, ha permesso di verificare che 350mila anni fa la concentrazione di CO2 era comparabile con quella attuale e che 125mila anni fa la temperatura era più elevata dell'attuale di ben 4°C, a testimonianza che nel passato, in assenza di qualsiasi tipo di industrializzazione, si sono già ripetuti andamenti climatici simili all'attuale.
È recente la notizia che anche l'atmosfera di altri pianeti si sta scaldando a dimostrazione che il riscaldamento è interplanetario e che la vera causa è da identificarsi nel sole.
L'attività del sole nell'ultimo millennio, per nulla considerata dai fautori dei modelli matematici, non è stata mai così elevata come dal 1940 ad oggi. L'attività solare è ben monitorata sulla terra attraverso la misura della turbolenza del vento solare, un flusso corpuscolare in grado di percorrere 150 milioni di km tra il sole e la terra nel giro di qualche giorno ed impattare violentemente la magnetosfera. Il 29 ottobre 2003, per esempio, il sole eruttò miliardi di tonnellate di particelle elettricamente cariche verso la terra a una velocità di 1700 km al secondo e l'impatto sul campo magnetico terrestre diede origine alla più grande tempesta geomagnetica mai misurata che causò la caduta di un satellite nippo-americano e un black out della rete di trasmissione satellitare Gps per diverse ore. Una tempesta magnetica, causa non solo aurore polari, ma condiziona la circolazione atmosferica e lavelocità di rotazione del Pianeta.
Il vento solare mostra un aumento nel tempo insieme a cicli di 22 e 60 anni che si riscontrano perfettamente nella temperatura dell'aria a dimostrazione che il riscaldamento globale è ascrivibile esclusivamente all'attività solare e non a quella umana. Attualmente, o la natura rispetta una precisa tabella di marcia decisa a tavolino da pseudo-ambientalisti o è emergenza: emergenza caldo, freddo, tiepido, emergenza siccità, emergenza pioggia, emergenza vento".

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03 giugno 2007

 

Eco-affarismo. Il Bel Paese deturpato da migliaia di torri eoliche e nuove strade.

Torri eoliche in contrada Carmasciano (Av) PAESAGGIO E SOLDI BUTTATI AL VENTO: ARRIVA L’ECOAFFARISMO

Il Bel Paese deturpato da migliaia di torri eoliche e strade. Con la scusa dell’ecologia

Panorami unici compromessi, la stessa bellezza del paesaggio italiano intaccata. Altro che “ecologia”, siamo al peggior inquinamento: quello estetico. Per motivi affaristici e di principio la lobby rosso-verde, col beneplacito di ministri, burocrati e sindaci, con la benedizione dell’Unione Europea, sta distruggendo pilone dopo pilone la skyline dei bellissimi paesini italiani. Un pezzo di storia e di identità italiana che se ne va. E non mancano “bustarelle” e “mazzette” legalizzate.

“Saluti dal castello di Scansano (Grosseto)”, “Panorama di Castiglione Messer Marino (Chieti)”, “Veduta di Minervino Murge (Bari)”, “Buone vacanze dalla Val di Vara, passo della Cappelletta (La Spezia). Avete presenti queste e altre centinaia di belle cartoline italiane? Dimenticatele: sono superate, vecchie, confinate ormai nei nostri ricordi. Bisognerà farne delle nuove, e dentro ci saranno a far da sfondo decine di orribili torri d’acciaio con enormi pale rotanti, alcune alte come il Duomo di Milano o San Pietro, altre come grattacieli di 40 piani. Sono le centrali eoliche, e sono già 1500 in tutt’Italia.

“Uno scempio ambientale e una perdita di identità” ha tuonato Carlo Ripa di Meana, presidente di Italia Nostra. “Gli olivi secolari che tutti ci invidiano e ci rubano, il simbolo della nostra provincia, dovranno cedere il posto a fredde strutture metalliche? Non ci stiamo”, hanno lamentato gli abitanti di Montecalvello (Foggia)

Noi cittadini ce ne accorgiamo solo quando andiamo in vacanza o viaggiamo in auto, specie al Centro-sud. Il paesaggio dell’Appennino, uno dei più selvaggi e pittoreschi al mondo, punteggiato di paesini che sono il volto segreto e sorprendente del Bel Paese, ma anche i bei panorami di Puglia, Sicilia e Sardegna, sono già oggi intaccati da migliaia di nuove grandi strade di montagna, profondi scavi, colate di calcestruzzo, centraline, elettrodotti e costruzioni al servizio di mostruose strutture metalliche alte dai 30 ai 150 metri, poste a grappolo (“parchi” eolici), a captare quegli scarsi refoli di vento che spirano sulla Penisola, sui luoghi più visibili ed esposti, sui valichi, sulla dorsale delle colline, proprio dietro i paesi. Un disastro paesaggistico che non ha eguali. Il panorama, il paesaggio italiano, la sua immagine, stanno irrimediabilmente cambiando.

Goethe, Stendhal ed Hemingway si rivoltano nella tomba. Loro che nel rituale “viaggio in Italia” restarono a bocca aperta di fronte ai nostri borghi storici, ai villaggi incastonati tra le rocce, che spiccano sugli sfondi azzurrini delle nostre colline, alle torri, ai campanili, alle abbazie, che sembrano rotolati giù dalle montagne, che cosa vedrebbero oggi?

“È una perdita secca di memorie storiche, paesaggistiche e di grandi beni ambientali, insomma di cultura. Ed è anche la cancellazione di quella prospettiva di turismo delle aree interne che è una delle speranze per salvare la vita dei centri minori», denuncia Oreste Rutigliano, coordinatore del Comitato nazionale del paesaggio ed esponente di Italia Nostra, in prima fila tra i difensori del paesaggio e dell’ambiente italiano, accanto a Club Alpino, Altura, Mountain Wilderness, Lipu, Coldiretti, e il gruppo Biodiversità di Mezzatesta e Borlenghi che riunisce i “naturalisti doc”, tollerati ma ignorati dai dirigenti Verdi, tutti filo-eolici. E anche gli agricoltori protestano. Le torri eoliche? «Ecomostri, capaci di modificare e violentare paesaggi millenari. Chiediamo una "moratoria" dichiara il portavoce della Coldiretti, Massimo Gargano.

Contadini, sindaci, industriali e politici verdi uniti

“E’ l’ecologia, bellezza”, dice qualcuno. “Avete voluto le energie alternative? Eccovi serviti”. No, non è l’ecologia ma l’ottusità o furbizia di certi politici. Anzi, diciamola tutta, sono i grossi finanziamenti che l’industria dell’eolico versa a sindaci, mediatori finanziari e finti-ecologisti, il vero movente della scelta della "energia del vento" che sta distruggendo il nostro paesaggio. Un contadino proprietario d’un terreno montano, come può resistere se un’azienda eolica gli versa da 1000 a 20 mila euro all’anno? Gli investitori hanno condizioni di favore, le aziende elettriche hanno l’obbligo di immettere subito nel circolo l’energia prodotta dalle torri eoliche, pagandola molto più di quella ordinaria.

“Un kilowattora di lusso” ha scritto ad agosto l’insospettabile Espresso, che pure ha il proprietario Debenedetti tra gli industriali interessati. “Sui 17,8 centesimi riconosciuti al produttore, solo 7 rispecchiano la quotazione di Borsa. Il resto, 10,8 centesimi, sono soldi garantiti dal “certificato verde”. Sui 340 milioni di euro di fatturato eolico dell’anno scorso, ben 193 erano incentivo. “A carico della collettività. Senza alcun rischio di impresa”. Un profitto netto calcolato dal Rie dell’ex ministro Alberto Clò nel 60 per cento. Un Bengodi. E i faccendieri (“developer”) che si lavorano i burocrati amici, incassano le autorizzazioni e se le rivendono a 150-200 mila euro a Mw. A seconda di come spira il vento.

“Un Comune che accetta di vendere il proprio panorama alle spalle dei propri cittadini e di tutti gli italiani guadagna in media da 100 mila a 200 mila euro all’anno per torre eolica”, rivela Fabio Borlenghi. Chi resiste a questo scandaloso Paese dei balocchi pagato dai contribuenti è un eroe.

Ma al cittadino ogni pilone eolico costa da 1 a 2 miliardi di vecchie lire: e così si produce solo dallo 0,1 allo 0,6 per cento dell’elettricità. E sono solo svantaggi: spese, rumore, disturbo devastante sugli uccelli e agli altri animali (molti i casi di rapaci uccisi dalle pale), oltre all’insanabile "inquinamento estetico". Ma l’Italia è un paese poco ventoso (1950 ore su 8760 ore annue, pari a 81 giorni su 365) e perfino con le 6000-8000 torri previste in futuro l’energia prodotta dal vento sarà sempre minima.

Insomma, una “bolla” speculativa. Gli industriali che si stanno buttando a pesce sull’affare dell’eolico, in fondo sono i meno colpevoli: fanno solo il loro mestiere. Il rischio è zero e i guadagni molto alti. Altro che “il sogno dell’energia per tutti”, come intitolava il Corriere della sera il 6 settembre, qui chi ci guadagna sono i soliti poteri forti. Tutti gli altri ci perdono.

“L’inchiesta dell’Espresso ci rivela la vera natura della corsa all’affare eolico, forse seconda solo alla speculazione immobiliare”, ha commentato Rutigliano. Con l’aggravante – ha aggiunto Ripa di Meana – che quando finiranno gli incentivi di Stato migliaia di torri eoliche verranno lasciate arrugginire sulle montagne, come è già accaduto ad Altamont in California dopo la rivolta dei cittadini capitanati da Ted Kennedy. Allora per smontarle e ripristinare almeno in parte i luoghi nessuno troverà i soldi, tantomeno eliminerà le strade di alta quota, e i basamenti in calcestruzzo con plinti d’acciaio e cemento profondi decine di metri.

Il sacco dell’Italia, insomma. Si svendono i panorami, l’immagine stessa dell’Italia, il turismo, che è la nostra unica ricchezza. Per colpa dell’opportunismo venale dei sindaci e il cinismo dei politici verdi, sia per nobili motivi ideologici, sia per meno nobili ragioni di finanziamento. Il tutto con la scusa del protocollo di Kioto sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Che si potrebbe rispettare in modo pulito e indolore con la riduzione degli sprechi e col solare fotovoltaico. “Basterebbe coprire – ha proposto Ripa di Meana – i capannoni industriali italiani di cellule fotovoltaiche per ottenere il 20 per cento di energia pulita senza rovinare il paesaggio”.

E perfino i parchi sono stati attaccati con sfrontatezza: l’Aspromonte, il Pollino, il Cilento, le Murge, l’Abruzzo. Monumenti e aree storiche: Fossanova, Saepinum, Castel del Monte, il castello Montepò di Scansano. Città d’arte come Perugia e Gubbio, Agnone e Otranto si sono dovute difendere con i denti. Cosa che non è riuscita a Castiglione Messer Marino (Chieti), deturpato da ben 90 altissime torri metalliche proprio dietro il paese, che ne hanno ormai compromesso l’habitat e ogni possibile futuro turistico.

Il settimanale tedesco Der Spiegel, vicino alla sinistra e ai Verdi, in un’inchiesta che ha fatto scalpore in Europa (ma non in Italia, dove è stata ignorata) ha strappato la maschera "virtuosa" dell’energia eolica su vasta scala, definendola "una distruzione del paesaggio altamente sovvenzionata" da regioni, stati e Unione Europea, in cui gli interessi, le speculazioni e le petizioni di principio dei politici Verdi prevalgono di gran lunga sul "risparmio" energetico. E la Germania, con le sue 15 mila torri, è il paese di punta nel mondo per l’eolico.

Ma ora, vista la devastazione dell’ambiente provocata dalle vere e proprie “foreste” di torri eoliche, e dai loro alti costi, perfino il paese del verde Fisher ci sta ripensando. “Si tratta degli orrori più spaventosi dalla guerra dei trent’anni“, ha detto Hans-Joachim Mengel, professore di Scienze Politiche a Berlino che ha fondato nel Brandeburgo l’iniziativa “Salvate la provincia dell’Uckermark“. I paesani prima lo prendevano in giro, ma poi hanno capito tutto, quando hanno visto torri d’acciaio in tutte le direzioni, alte come grattacieli, l’orizzonte cambiato, e persino di notte con le lampeggianti luci rosse di segnalazione (“effetto discoteca”), hanno cominciato a protestare.

Anche il ministro dell’economia, Wolfgang Clement, è contrario: ha in mano una perizia esplosiva sull’eolico che dimostra come la distruzione del paesaggio non sia neanche bilanciata, almeno, da seri vantaggi economici. Il vento è poco e sporadico e le pale dei rotori eolici sono per lo più ferme. Le misurazioni dell’ente elettrico Eon - ha riferito Der Spiegel - hanno rilevato che, “per l’intera durata dell’anno 2002, il vento ha soffiato soltanto 36 giorni. Pale ferme. Quando non girano a vuoto, per “fare ore” consumando paradossalmente quell’elettricità che dovrebbero risparmiare. E in più centinaia di centrali elettriche sono adibite a sopperire e compensare i deficit delle centrali eoliche. Con milioni di euro di spesa ogni anno. Il bluff politico dell’eolico.

Ma anche in Italia, finalmente, enti, uomini di cultura, scienziati, politici, amministratori locali d’ogni tendenza, hanno intrapreso la battaglia contro i nuovi, inutili “mulini a vento”. Italia Nostra ha chiesto una moratoria nazionale per l’eolico in Italia: non è contro l’energia eolica in sé, ma solo se deturpa il paesaggio e danneggia l’ambiente. Il Comune di Perugia ha rinunciato ad installare due centrali di 22 torri alle porte della città, sul Monte Tezio; il presidente della Basilicata, Bubbico, ha deciso lo stop alle centrali nella regione; il presidente della Sardegna, Renato Soru (Centro-sinistra), si è pronunciato contro l’eolico e ha sfidato il Governo: “C' è una lobby che approfitta della povera gente. Bisogna fare chiarezza: l' energia eolica è spesso un paravento, c' è molta speculazione a danno delle piccole comunità”. E Galan (Centro-destra): “Il Veneto dice no. Questi moderni mulini a vento rovinano il paesaggio”.

«Multe per il nostro no? Non pagheremo» In Puglia, regione leader in Italia, a Minervino Murge, in parte entro i confini del Parco dell’Alta Murgia, erano stati previsti 350 rotori eolici. Per fortuna il Parco si è costituito e ora solo alcune decine (30-40) sono state approvate. “Ma faremo opposizione, ci sono delle irregolarità nella procedura”, ha annunciato Enzo Cripezzi, animatore della protesta. Sono tanti i paesi deturpati irrimediabilmente, come Roseto Valfortore e Volturino (Foggia). Lì vicino, ad Alberona, un paese bello e pittoresco «bandiera arancione» del Touring club, dove già operano ben 60 torri, sindaco e speculatori dell’eolico in cambio di nuovi impianti avevano visto e promesso l’Eldorado: bilanci comunali risanati, tasse sugli immobili e sui rifiuti abolite, canone della bolletta Enel rimborsato, e persino un contributo di mille euro per ogni figlio nato in paese ai genitori che decidessero di non emigrare. E invece l’assessore regionale all’Ambiente e alle politiche energetiche, Michele Losappio (Centro-sinistra), incurante dei colleghi Verdi della coalizione, ha detto no. Ma qualcuno dei “poteri forti”, qualche grosso imprenditore, si è precipitato in Puglia per ammorbidire l’assessore. E ci sono riusciti. Ma il grave – aggiunge Cripezzi - è che le 1050 torri eoliche approvate in Puglia (500 già in opera) non hanno seguito la valutazione di impatto ambientale (Via), essendo i funzionari degli assessorati esentati dalla procedura.

E gli scienziati? La Levi Montalcini è contraria. Come il premio Nobel Carlo Rubbia, esperto di energia: “Si dimentica che la frazione del tempo in cui l’eolico è operativo è solamente dell’ordine del 20 per cento. E poi fatti i calcoli, il contestato progetto eolico italiano da 3.000 megawatt coprirebbe solamente 0,43 per cento delle emissioni di CO2 in Italia. Una piccola goccia nel vasto mare!” Kyoto è solo una scusa.

Insomma, nessun altro impianto tecnologico tra quelli già inseriti nelle aree montane (tralicci elettrici, ripetitori televisivi, antenne per telefonia mobile, impianti sciistici) ha un impatto paesaggistico paragonabile per pesantezza a quello delle torri eoliche, conferma Rutigliano. “E la stessa collocazione sui crinali, l'altezza e la composizione in serie, introducono nel paesaggio scenari assolutamente inusuali che irrompono con la forza delle dimensioni gigantesche, fuori scala rispetto all’abituale visione paesaggistica. Grandi macchine, potenti, dominanti, spesso in movimento. L’impatto psicologico di chi le vede quotidianamente da vicino è di inquietudine e turbamento nell’osservare i luoghi familiari della propria vita radicalmente mutati e sconvolti”. Per questo, alcuni Comuni a rischio come S. Bartolomeo in Galdo (nella Val Fortore) che si dichiarano con delibera ufficiale "deolizzati" ed altri, come Agnone (Isernia) che chiedono alla Regione Molise di fermare le pale eoliche, prima che distruggano il loro patrimonio storico e paesaggistico.

“Si rompe tra l'altro la continuità degli ambienti naturali, aprendo gli ambienti più incontaminati all’antropizzazione, al bracconaggio, alle discariche, ai rally di mezzi motorizzati, senza escludere la possibilità di ulteriori cementificazioni e speculazioni edilizie. Non parliamo, poi, dei danni per la fauna selvatica. I crinali dell'Appennino, della Sicilia e della Sardegna sono le aree dove ancora sopravvivono alcune specie di aquile, di avvoltoi e di altri rapaci, altrove quasi scomparsi. E come dimostrano i più accreditati studi in materia – conclude Rutigliano – le pale eoliche costituiscono un pericolo mortale per questi rapaci, con percentuali di perdite così alte da vanificare anni di lavoro per la loro reintroduzione e protezione”.

E ha fatto scandalo che gli ecologisti abbiano permesso tutto questo. A differenza di Legambiente, però i Verdi sono spaccati. "E' stupefacente che i Verdi abbiano fatto un accordo con la multinazionale Gamesa sullo sviluppo dell'eolico in Italia, senza tener conto di quanto sottoscritto dal loro Gruppo Conservazione natura e biodiversità” ci ha dichiarato Fabio Borlenghi, segretario di Altura. “In quel documento noi naturalisti 'doc' evidenziammo i gravi rischi di impatto ambientale che un uso selvaggio dell’eolico può portare al nostro territorio".

Ma la più rossa delle associazioni rosso-verdi, Legambiente (ex Arci-Pci) è addirittura stata scoperta in flagrante a trescare con gli industriali dell’eolico, e per vil denaro. Maurizio Bolognetti, coordinatore del Comitato Nazionale del Paesaggio in Lucania, ha reso nota a Potenza una esplosiva lettera, a lungo tenuta segreta, che documenta come già nel 2003 il presidente di Legambiente Basilicata Gianfranco De Leo chiedeva all’Amministratore delegato ing. G. Vetere, del gruppo industriale eolico Friel, l’industria che ha realizzato e gestisce in Basilicata centrali eoliche, di «facilitare rapporti stabili e durevoli con le comunità locali…, avviando un processo comunicazionale sistematico orientato ad ottenere fiducia sociale e, nel caso, massima riduzione della percezione del rischio…, con un ampio programma di azioni mirate… e attività di accompagnamento e facilitazioni delle iniziative imprenditoriali sul territorio… per un importo complessivo di Euro 57000,00 (oltre IVA)». Papale, papale, e con tanto di iva.

Non solo, ma in Toscana sembrerebbe addirittura che Legambiente le centrali eoliche…se le costruisca e gestisca da sola. Infatti, come ha rivelato in conferenza stampa e a Radio Radicale Vittorio Giugni, coordinatore toscano del CNP, due visure camerali sul gruppo Eneco Geie di Livorno (amm. unico Lorenzo Partesotti), che ha come scopo sociale “la costruzione, la gestione e la commercializzazione di impianti e centrali eoliche”, e sulla Eolis srl di Livorno (eguale amministratore unico) Lorenzo Partesotti, via Grande 73 Livorno, con scopo sociale “la costruzione, la gestione e la commercializzazione di impianti per la produzione, trasporto, distribuzione e utilizzazione di energia elettrica”. Nella stessa conferenza stampa vengono consegnati ai presenti due articoli giornalistici di Lorenzo Partesotti, della fine di novembre del 2003, con la sua qualificazione di Responsabile energia di Legambiente Toscana. Un conflitto d’interessi rosso-verde: verde d’invidia, rosso di vergogna.

IMMAGINE. Torri eoliche a ridosso della contrada Carmasciano (Avellino).

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