29 novembre 2006

 

Ecologia confusa in 20 mila caratteri (spazi vuoti compresi)

Se bastassero la contorta sintassi e la prolissità, solo in caricatura pannelliane, il manifesto "ecologico" di Biancardi su Notizie Radicali sembrerebbe davvero radicale. Ma forse per "Striscia la notizia". Oppure non mi sono accorto, da ingenuo qual sono, che era una presa in giro, roba da fronda antipannelliana, anzi - che dico - una polpetta avvelenata, una bomba a frammentazione lasciata cadere "distrattamente" dall'ultimo capezzoniano (del resto sono i più intelligenti o no?) nella finta ritirata.
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Il titolo, incredibile, era infatti: Ecologia "alla radicale". Ma la bella agenzia Notizie Radicali, la migliore newsletter dell’Italia laica e liberale, da me sempre lodata, ci è cascata in pieno pubblicando lo scandaloso brano da 20 mila battute, compresi i vuoti (tanti). Peccato. Un madornale papiello, lunghissimo, fumoso, prolisso, inconcludente, mal scritto anche per una prima liceo, che ha rovinato una lunga sequenza di cose belle dell’agenzia di Vecellio. Non solo Omero, ma "quamquam dormitat Walterius". Dispiace, anzi no, fa piacere trovare finalmente un difetto, dopo due anni di percorsi netti: vuol dire che noi che leggiamo avidamente NR non siamo distratti.
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Basta l’incipit manzoniano: "Un ambiente inteso in senso assolutamente peculiare, pur trattandosi non di altro ma (anche ma non solo) dell’ambiente come viene tradizionalmente inteso dagli ambientalisti professionali, è quello che i Radicali, e solo loro, sono oggi in grado di concepire e di prendere come riferimento delle proprie prese di posizioni ed azioni politiche. Ne sono profondamente convinto".
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Beato lui, che con tutte queste parole vuote e inutili è convinto almeno di una cosa: del suo gregge (peculium). Per me, invece, questa prima frase – come quasi tutte quelle che seguono – non vuol dire assolutamente nulla. Zero, via zero. In quanto poi all’offensivo "solo loro sono in grado di concepire" riferito ai Radicali, come radicale e anche esperto di ecologia (fui il primo, nel 1975, a fondare un club ecologista in Italia, e in casa radicale) protesto ad alta voce. Siamo a "L’angolo del dilettante"? Per curiosità vado a vedere su Google e scopro che, sì è vero: il fine eco-linguista è coautore del libro "Il dilettante inarrivabile".
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Basta: troppo bello, sembra fatto apposta. Grazie NR di questo interludio così snobisticamente finto-popolaresco, anzi, che dico, "citazione della citazione" alla Ghezzi, in uno dei suoi famosi primi piani odontotecnici. Sarà. Però tra le cassiere dei bar d’Italia si ragiona e si scrive di ecologia molto, ma molto meglio. Una nota morale soltanto, però: chi non conosce la sintassi e impiega pagine per non dire confusamente nulla, non può permettersi di scrivere poi che "L’ambiente dei Radicali è una placenta umanistica".
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Qui davvero (a mali estremi) "ce vole quarche battutaccia alla G.G.Belli", detta con rude accento romanesco da un Bandinelli.
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Continuerò a leggere Notizie Radicali più avidamente che mai. Tanto, ormai che altro potrebbe accadere?

08 novembre 2006

 

Clima futuro secondo i pc: ma i dati immessi sono proprio tutti?

"Entro la fine del secolo avremo sempre più frequenti crisi di caldo estremo, e una marcata tendenza alla siccità", lanciano l'allarme i ricercatori che fanno simulazioni al computer. La stampa, ovviamente, dato che è provato che la notizia cattiva è più appetitosa presso il pubblico di quella buona (la "colpa", quindi, è della gente, non degli scienziati o dei giornalisti), si butta a pesce sul ghiotto allarmismo.
La prospettiva del riscaldamento globale tocca particolarmente il futuro dell'Italia, che è sulla zona di confine tra Africa ed Europa. Se non si modificano le attuali emissioni di gas serra - aggiungono i ricercatori giudiziosetti e moralisti - dovremo aspettarci pesanti ripercussioni sulla nostra società e gli ecosistemi. Il mar Mediterraneo, insomma, appare molto vulnerabile in prospettiva. Prendiamo la notizia dal Corriere della Sera del 6 novembre, ma un giornale vale l'altro.
Non ironizziamo, siamo sinceramente preoccupati, da ecologisti, anzi, "naturisti" della prima ora, coerenti e consapevoli. Solo che da liberali razionali - ecco la marcia in più - avanziamo qualche dubbio.
Il fatto è che ormai andiamo avanti solo a proiezioni .Siamo alle solite: si tratta di un procedimento in qualche modo deterministico, rozzo e meccanicistico che potrebbe essere la parodia del metodo scientifico.
Tutto dipende da quanti e quali dati si immettono nei computer. Se se ne immettono pochi o sbagliati il computer sbaglia in modo grossolano. Il mio, per esempio, quando scrivo "giu..." pensa che io stia per sbagliare e mi indirizza verso la soluzione "giusta": giugno. Oppure mi dice che il mio nome è sbagliato: dovrei chiamarmi secondo lui, Nicola. Attenti, dunque: saranno davvero così numerosi e onnicomprensivi i dati inseriti nella proiezione?
Però, mettiamoci nei panni dei ricercatori: come valutare fenomeno così complessi e di lungo periodo senza proiezioni? Qui non siamo nella "semplice" medicina: basta convincere 1000 infermiere a prendere una pastiglia o a mangiare per una settimana solo carote. Per gli studi sul clima non possiamo far cambiare a comando le abitudini di miliardi di uomini per provare questo o quel processo. E' inevitabile che facciamo lavorare i computer nella finzione, "come se".
Solo che nelle previsioni a distanza di decenni, che investono milioni o miliardi di esseri umani, non possiamo neanche immaginare "oggi" quali saranno i dati da valutare "dopodomani", quando il dato e temuto evento potrebbe verificarsi. Già fra un mese, per ipotesi, alcuni parametri critici potrebbero essere cambiati per i più vari motivi.
Ecco, non deve essere certo una scusa per non fare, per non cambiare modello di sviluppo, per non correre ai ripari sia a libello individuale che di massa, ma qualcosa che non quadra del tutto in queste previsioni c'è.

 

Ferretti: "Altro che sviluppo, dovremo tornare all'economia di scambio..."

Eh, i guai che fa l'umana spensieratezza: per vivacizzare il tono del sito "Ecologia liberale", per uscire dagli schemi, per aiutarmi a fantasticare un po', avevo chiesto a Guido Ferretti, radicale di "Rientro Dolce", l'associazione che si batte contro il sovraffollamento del Pianeta, un tentativo di teoria, una ipotesi di lavoro, un pensiero "in nuce", qualcosa insomma che ci aiutasse a teorizzare uno sviluppo umano che possa andare d'accordo sia con la libertà, sia con l'equilibrio sulla Terra.
Non l'avessi mai detto: o l'amico Guido aveva appena ricevuto il modulo dell'Ici da pagare, o al telefono una voce con pesante accento regionale gli aveva appena appioppato d'autorità il noto contratto Telecom "Tutto Inutile" a 60 euro al giorno, fatto sta che non potevo scegliere momento peggiore. E dire che volevo "tirarmi sù". Il quadro che fa è proprio nero. Anzi, sapete che vi dico? appena spento il computer me la dò a gambe e mi metto in salvo in qualche foresta in montagna (là gioco in casa, conosco i posti più inaccessibili, visto che ho la passione dell'escursionismo selvaggio... Ho già adocchiato la capanna che farebbe al caso mio: ha il camino che "tira". Se solo mi volesse accompagnare qualche fanciulla... macché). Ma lasciamo la parola a Ferretti, sperando che non se la prenda per la presentazione troppo scherzosa. NICO VALERIO
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L'ambiente e il mercato? Lasciatemi dire la mia in tutta libertà. Io teorizzo che le teorie liberiste attuali sono, o potrebbero essere, valide solo in presenza di risorse infinite. Non a caso sono nate 200 anni fa, quando il mondo era "vuoto", cioè all'inizio dell'era industriale.
Ora, però, c'è un fatto nuovo: siamo diventati sette miliardi, abbiamo invaso il Pianeta, abbiamo raggiunto, grazie alla disponibilità del petrolio, una potenza di impatto mai vista dall'Umanità.
In sostanza siamo in una situazione in cui i limiti della Terra non possono più essere ignorati. Un po' come è capitato in fisica con la relatività classica, che, se vale ancora per fenomeni grossolani a piccole velocità, non è più applicabile a velocità vicine a quelle della luce.
Le conseguenze? Sono più gravi di quanto può apparire, perché significa che non si può più crescere e che si deve trovare il modo di arrivare ad una economia stazionaria, nel senso che l'umanità deve imparare ad usare solo le risorse che, una volta consumate, si possono rigenerare (oltre a piccolissime quantità delle risorse non rinnovabili, in modo che possano durare per moltissime future generazioni, sempreché gli animali Umani non si estingueranno prima a causa della loro dissennarezza...
Senza crescita, il capitalismo a livello globale non può sopravvivere, perché, da un lato, si deve smettere di percepire utili reali, dall'altro si deve smettere addirittura di produrre beni "fisici" oltre il rinnovabile.
La cosa mi impensierisce alquanto, anche se immagino scenari di "economia di scambio", in cui cioè ci scambieremo servizi, smetteremo di "produrre per buttare via", lavoreremo di meno, e avremo occupazioni più spirituali o giocose...
Ma immaginare è diverso che capire come governare, e proprio non ho idea di come farlo!
Per ora mi limito a consigliare di sbrigarsi ad uscire dai combustibili fossili e a ridurre la popolazione umana... poi non so, sono in confusione. Non esistono teorie economiche adatte ad un mondo che voglia cessare di crescere!
Gli economisti sono ancora lì a dire che di petrolio ce n'è all'infinito, che se finirà aumenterà di prezzo, tanto che il mercato creerà da solo le alternative, che del riscaldamento globale non ci si deve preoccupare perché non dipende dall'uomo, è sempre avvenuto, che dei rifiuti non ci si deve importare perché più cresceremo più affineremo le tecnologie per ridurli, che in Europa l'abbandono dell'agricultura sta facendo crescere boschi che sostituiscono le foreste pluviali dell'Amazzonia, che gli animali stanno tanto bene con noi che ora dobbiamo addirittura abbatterli perché, secondo loro, "sono troppi e provocano incidenti alle auto", che con gli Ogm mangeremo di più e mangeremo tutti....
Tutte pazzie. e tutte per non dover ammettere che le loro teorie sono sbagliate, o non più applicabili!
Insomma, resto convinto che, senza una indipendenza economica ogni libertà va a farsi friggere, che lo Stato fa più disastri che utili quando interviene per limitare le libertà personali, spero tanto che siano sufficienti migliori "istruzioni per l'uso del pianeta" per indurre spontanei cambiamenti nei nostri comportamenti, spero che ci innamoreremo di nuovo di una vita con meno stress, maggiore amicizia, maggiore "convivialità", ma intanto... che farci? Mi rassegno!
Chiedo allo Stato di dichiarare che non sarà più permessa l'importazione di combustibili fossili per uso energetico a partire dal 2020. Chiedo che si ricorra alla spesa pubblica per aiutare la transizione. Chiedo che non si spenda più per alcun'altra "grande opera". Chiedo anche allo Stato di mandare aiuti al Terzo Mondo per allargare la libertà delle donne di avere solo i figli che amorevolmente desiderano.
Spero solo che siano dei liberali a guidare questa transizione, altrimenti va a finire che diventiamo uno stato totalitario, altro che Pacs!
Volevo solo dare qualche spunto, ma i pensieri correvano e, lo si può capire, senza alcuna idea di dove andavo a finire.
Siamo in una "terra di nessuno", e non credo di essere adatto a disegnare nuove teorie: si va avanti, cercando di mettere la massima attenzione per salvaguardare insieme le nostre libertà e la sopravvivenza del pianeta... GUIDO FERRETTI

06 novembre 2006

 

Gli errori di neo-cons e liberisti ultrà su Natura e ambiente

Non bastava la Sinistra e il post-marxismo che hanno strumentalizzato per decenni la Natura e l'ambiente? Ora ci si mette in forze anche la Destra. E che Destra! Quella che si spaccia per "liberale" (ma che del liberalismo ignora i tanti diritti di libertà collegati alla vita sana e al godimento della Natura) che in questi ultimi tempi sta dedicando le sue morbose attenzioni alla "ecologia di mercato", nientemeno.
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In realtà, si scopre subito che questi neo-liberisti ultrà agiscono per una moda, un processo imitativo. Non sono veri liberali, all'europea, ma piuttosto, ad imitazione degli Stati Uniti, dei neo-cons, che sta per i cosiddetti "nuovi conservatori" Usa, si badi, non per "nuovi liberali". Insomma torna Carosone col satirico "Tu vuo' fa' l'americano", oppure Alberto Sordi nel famoso film.
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Tutto lascia ritenere che le tante adesioni nei blog su internet alle teorie super-liberiste, da applicare ad occhi chiusi a tutto, Natura compresa (anzi, dovremmo dire "a cominciare dalla Natura", perché è la più indifesa, visto che non riescono ad applicarle neanche alla Telecom, all'Alitalia o ai taxi...), nascondano in realtà motivazioni politiche. Sono per lo più i conservatori ad appoggiare le teorie liberiste sposate come dogmi, perché sono viste come collegate alla politica di Bush e dei repubblicani americani. Colgono, in altre parole, del mercato una inesistente valenza politica ed ideologica. Come se il mercato fosse il pugno meglio assestato alla Sinistra. Ma non è più così ormai.
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Gli sfugge - ecco l'ignoranza della Destra - che per noi liberali il mercato e il liberismo sono solo "mezzi", "strumenti" anodini, neutrali, privi di qualsiasi valore ideologico. Da utilizzare al meglio e nei modi opportuni. E non certo al patrimonio naturale o ai monumenti simbolo. Così come neanche un commerciante mette sul mercato la fotografia del primo amore, l'orologio del padre, il diploma di laurea, o le stoviglie di casa..
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Macché, per certi ottusi "liberisti" neo-convertiti (non è, per caso, che prima fossero del Msi o di AN, per caso?), il mercato sarebbe un dogma che si applica a qualunque cosa, anche alle cose più preziose, patrimonio dell'Umanità, in modo rozzo e coattivo. Questa si chiama stupidità. E in quanto a valenza politica, ignorano che, se è per questo, la Sinistra ha già scoperto e sta già ampiamente usando il mercato, perfino nell'ecologia. Non c'è bisogno di andare in Cina o nella Russia di Putin, basta vedere Legambiente.
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In più, non essendo esperti di scienze naturali o di climatologia (ripeto, l'ignoranza della Destra è proverbiale in questi e altri campi), compiono anche l'errore psicologico di ritenere che la posizione "liberale" sull'ambiente debba essere sempre moderata, revisionista o addirittura negazionista. Ma chi l'ha detto? Forse che i liberali negano la cristallografia o la fisica dei quanti? Oppure i liberisti mettono in discussione l'analisi delle varie sostanze in gascromatografia perché "troppo esagerata", anzi "terroristica", visto che rivela facilmente ogni genere di sostanza tossiche? Vogliono per caso regalare l'intera chimica, la fisica, e tutte le scienza sperimentali alla perfida Sinistra? Per tenersi tutt'al più solo l'economia? Sù, non siano ridicoli: la libertà della scienza, un tempo era il fiore all'occhiello della cultura liberale.
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Ammettano, perciò, che sono caduti in un grossolano equivoco parlando di cose più grandi di loro, come, ambiente, ecologia, Natura, fonti energetiche, inquinamento, beni esauribili, specie vegetali e animali. Oppure rivelino finalmente il vero scopo della loro strana attenzione all'ecologia: una infiltrazione che nasconde in realtà una vera e propria campagna "contro l'Ambiente e contro la Natura", con la scusa pietosa dell'incolpevole liberismo economico. Che noi, essendo liberali e liberisti, sappiamo bene non c'entrare nulla con la Natura.
Altro che l'eufemismo di "Ecologia liberale". Espressione troppo bella, che perciò facciamo nostra, meritatamente.
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Se la scienza, o la maggior parte degli scienziati più accreditati, arriva ad una data conclusione dopo uno studio accurato, quella per noi - anche per noi, liberali, liberisti e libertini - rappresenta il punto di partenza, l'ipotesi di lavoro avvalorata, insomma la verità pro-tempore. Verità assoluta no, d'acordo, perché sia il liberalismo, sia la scienza, ammettono che quei dati possano essere contraddetti da altri. Ma se i sedicenti "liberisti" non accettano la signoria della Scienza sperimentale, dove sarebbe l'amore per la scienza che caratterizza i liberali?
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I neo-cons anti-ecologisti che cianciano di mercato in contrapposizione alle scienze della Natura credono che essere liberali e razionali voglia dire diffidare della scienza come i contadini e i preti dell'età pre-illuminista?Quel che è certo è che alcuni di loro pensano che il modo "liberale" corretto di trattare la Natura e il pianeta Terra sia quello di dire sempre "no", ma questa volta alle previsioni della scienza, cioè di non lasciarsi convincere da chi prospetta scenari ecologici negativi, "apocalittici" - mi scrive l'amico Guido Ferretti, di "Rientro Dolce". Insomma, manca poco che chi ama la Natura e giustamente si preoccupa di certe proiezioni, e pretende certe precauzioni e limitazioni, venga considerato come quei pazzi esaltati che in attesa del Giudizio Universale pensarono di rifugiarsi sul Monte Bianco.

05 novembre 2006

 

1300 torri eoliche deturpano l’Italia. Un paesaggio unico al Mondo rovinato per sempre.


I300 TORRI EOLICHE DETURPANO L'ITALIA

Sono costate da 1 a 2 miliardi di vecchie lire ognuno, molto più di quanto potranno farci "risparmiare". Sono alte in media 100 metri, fanno rumore, allontanano gli animali, deturpano il panorama. Fanno guadagnare solo grandi imprese del Nord-Europa. Un fallimento totale. Che si aspetta ad abbatterle?

I romani e i milanesi non lo sanno, finché non vanno in vacanza. Ma l’intero paesaggio italiano, uno tra i più belli al mondo, è già oggi - e se non interveniamo subito lo sarà ancor di più in futuro - intaccato irrimediabilmente da migliaia di orribili e imponenti torri metalliche alte dai 65 ai 140 metri, poste nei luoghi più visibili, sui valichi, sulle alture prospicienti città e pianure, sugli altopiani, anche a ridosso delle case dei nostri bei villaggi storici.

Sono "torri eoliche" (Eolo per i greci era il dio dei venti) munite di lunghe e velocissime pale, come immense eliche o iper-tecnologici mulini a vento, che dovrebbero produrre energia elettrica alternativa, non inquinante, rinnovabile ed economica. Invece ci costano moltissimo (da 1 a 2 miliardi delle vecchie lire ognuno, pagati da tutti noi sotto forma di incentivi a fondo perduto e finanziamenti facilitati), non avvantaggiano l’economia italiana perché sono prodotti per o più da grandi società del Nord Europa (le uniche che fanno veramente l’affare), producono pochissima energia (in Italia dallo 0,1 allo 0,6 per cento) e apportano solo svantaggi: spese, rumore, disturbo devastante sugli uccelli e agli altri animali, e soprattutto un gravissimo "inquinamento estetico".

In Italia, auspici i Verdi, col benestare del governo D’Alema, ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio, di torri del genere ne sono state impiantate circa 1200-1300, in tutta la penisola, specialmente lungo la dorsale degli Appennini, proprio dove l’Italia nasconde paesaggi unici e incantati. Sono stati registrati casi al limite della sopportazione civile. Ma la grande stampa, si sa, è occupata solo dal si-no a Berlusconi, e non ha tempo per la bellezza del paesaggio italiano. Un bel paesino del centro-sud, Castiglione Messer Marino (Chieti) è deturpato da ben 90 altissime torri metalliche che ne hanno ormai compromesso l’habitat e ogni possibile futuro turistico.

Altro che "Parchi Edison", come con cinico eufemismo enti elettrici e caporioni finto-ecologisti li hanno rinominati, si tratta di una serie di pugni in un occhio da lasciare senza fiato. Ricordiamo ancora, l’anno scorso, lo spaventoso effetto di bolgia infernale (e sì, perché sono anche rumorosissimi: già lo è la minuscola ventola d’un computer, figuriamoci quei giganti dalle pale enormi) che un altopiano dell’isola di Creta disseminato di centinaia di torri elettriche offriva agli occhi scandalizzati di noi turisti.

Qualche settimana fa il settimanale tedesco Der Spiegel ha messo in copertina una grande e minuziosa inchiesta in cui viene strappata la maschera "virtuosa" dell’energia eolica su vasta scala, definendola finalmente quello che è: una "distruzione del paesaggio altamente sovvenzionata" da regioni, stati e Unione Europea, in cui gli interessi, le speculazioni e le petizioni di principio dei politici Verdi prevalgono di gran lunga sul "risparmio" energetico. La Germania, con le sue 15 mila torri, è il paese di punta nel mondo per l’eolico. Ma ora, vista la devastazione dell’ambiente e gli alti costi, perfino il paese del verde Fisher ci sta ripensando.

E in Italia? Siamo ancora in tempo, specialmente noi veri ecologisti della prima ora, a fermare questo scempio. Diamo una mano, perciò, al coraggioso Carlo Ripa di Meana che si sta battendo nel Comitato per il Paesaggio per la riduzione prima e l’eliminazione poi del folle programma eolico. E finalmente i primi risultati della contro-informazione stanno già arrivando. Il Comune di Perugia ha rinunciato ad installare due centrali di 22 torri alle porte della città, sul Monte Tezio; il presidente della Basilicata, Bubbico, ha deciso la moratoria sulle centrali progettate nella regione; il candidato presidente per la Sardegna, Renato Soru, si è già pronunciato contro l’eolico; infine, Italia Nostra ha chiesto una moratoria nazionale per l’eolico in Italia. Ma la mobilitazione deve continuare.

NICO VALERIO, Newsletter del Salon Voltaire, 7 aprile 2004

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03 novembre 2006

 

Ecologia liberale e Radicali: Natura come diritti di libertà e scienza

Ecologia Liberale saluta il Congresso dei Radicali riunito a Padova e indirizza a Marco Pannella, Daniele Capezzone, Rita Bernardini e a tutta la dirigenza del partito un appello affinché i temi della Natura e dell’ambiente tornino ad essere finalmente valutati, dopo gli anni della strumentalizzazione e dell’incompetenza, in modo liberale, cioè razionale, e quindi come diritti di libertà e scienza.
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Ma, attenzione, i Radicali (e i Liberali in genere) devono trovare un modo proprio, unico, di fare politica ecologica, senza copiare né la Destra anti-ecologista né la Sinistra finto-ecologista. E quali sono le tipiche chiavi di lettura "alla Radicale" per affrontare l'ambiente e l'energia? Le stesse, tradizionali che Radicali e Liberali usano in tutte le altre battaglie politiche: le libertà del cittadino e la libertà di ricerca scientifica.
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L’ecologismo, il movimento politico che prende le mosse dalla scienza dell’ecologia, deve tornare alle origini, ovvero alla scienza della Natura e alle questioni di libertà. Deve mettere in primo piano i diritti di libertà del cittadino (p.es., quello di vivere in una Natura non contaminata, di avere vaste aree di Wilderness, di vedere tutelate le specie vegetali e animali) e la libertà e autonomia della scienza, due capisaldi della gloriosa battaglia liberale e radicale, come ha dimostrato la svolta politica e di metodo rappresentata dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.
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Ecologia "liberale"? E sia, ma allora lo sia nel suo significato più completo: soprattutto come diritti di libertà dell’ambiente e nell’ambiente, e eguaglianza dei cittadini nella tutela delle libertà, com’è noto strettamente connesse ai limiti, che permettono a tutti di goderne. E la duplice analogia, tra la Natura e le libertà liberali, e tra la Natura e il tipico azionismo dei Radicali, non può non colpire.
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Altro che il solo mercato, che oltretutto mal si attaglia all'ambiente, o la tecnocrazia degli ingegneri. Del resto, né il solo mercato, né il tecnicismo, sono l’oggetto e la sostanza delle battaglie dei Liberali e dei Radicali. E qui l'analogia è con la scuola liberale, nella quale la libertà d'insegnamento dei professori e la libertà di allievi e famiglie, oltre alla laicità del metodo d'insegnamento, sono valori altissimi da privilegiare sul mercato anche per un liberale. Ma Natura e ambiente sono ancor meno adatte al mercato, se possibile, della stessa scuola.
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D'altra parte, l’ecologia liberale non è assolutamente sinonimo di moderata. Abituati come siamo alle "sparate" politiche degli attuali ecologisti politici, un'ecologia liberale potrà sembrare moderata nei toni, perché non mischierà alla Natura la politica. Ma, specialmente in campo protezionistico (parchi, aree protette, specie da tutelare ecc), partendo dai dati scientifici risulterà all'atto pratico la più severa. Si veda come prova lo scontento della minoranza dei "naturalisti Doc" dei Verdi, interessata non agli inciuci e inghippi della politica, ma alla vera salvezza di territorio, piante e animali. E si vedano anche le battaglie dei Radicali sulla biologia (aborto, fecondazione medica, bioetica, libertà di cura, testamento biologico, eutanasia).
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Tutto, insomma, dimostra che la stessa razionalità e neutralità della scienza porta ad un maggior rigore, ad una determinazione che somiglia molto all’intransigenza morale di stampo liberal-radicale. E questa è la terza analogia tra lo specifico della Natura e lo specifico liberale.
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I Radicali hanno dimostrato con l’Associazione Coscioni e l’impegno per la libertà di ricerca scientifica di essere l’unica formazione politica ad avere a cuore la libertà della scienza, e di uniformare alla scienza la loro politica. Ottimo precedente. Ora si tratta di estendere questo esempio alla politica della Natura. Allo stesso modo, Liberali e Radicali dovrebbero affrontare i temi dell’ambiente. Poiché l'ecologia è pur sempre una scienza, complessa, severa e poco accomodante come tutte le scienze.
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L'ecologismo, perciò, deve tornare ad essere razionale, secondo le leggi della Natura e i diritti di libertà dell'uomo, come sottolinea il Manifesto dell’Ecologia Liberale del 6 ottobre scorso, che qui riassumiamo. Al riguardo, una bella e significativa analogia esiste tra Natura e libertà liberali: entrambe fondati sui limiti, cioè sulla ragione.
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L’ecologismo liberale, o radicale, deve essere il più obiettivo ed efficace possibile, non un altro mezzo con cui fare lotta politica contro gli avversari di classe, come ha fatto la Sinistra, o una cosa finta e moderata che non difende né Natura, né animali, né uomo, come ora vorrebbe la Destra, che usa il pretesto del solo mercato e della sola proprietà (anche loro parlano di ecologia "liberale") per svendere l’ambiente.
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La nostra risposta? L'ecologia sia davvero liberale, allora. Ma in tutto. E il mercato, che forse può aiutare nell'energia, non c'entra nulla con la Natura vergine da proteggere, fatta di beni unici, immateriali, che non danno reddito, e che sono di per sé fuori mercato.
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Anzi, se guardiamo alle origini del movimento ecologista, l’ecologismo o è liberale o non è. Perché è super partes, e riguarda i diritti di tutti. Perché i diritti di libertà, proprio come la Natura stessa, si scontrano con altrettanti limiti. Perché solo dove sono rispettati diritti e doveri, ovvero nei Paesi liberali, è sorto l'ecologismo ed è stato storicamente possibile rispettare l'ambiente.
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E dunque, liberali sono stati i primi promotori, ecologi ed ecologisti. Il primo club ecologista italiano, la Lega Naturista, fu fondato all'interno del Partito Radicale nel giugno 1975, al congresso di Bologna. E da essa scaturirono direttamente il I Referendum contro la caccia, la Lega per l’Abolizione della Caccia e la Lega per i diritti degli animali.
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Ma l'ecologismo è liberale anche perché Natura e ambiente configurano numerosi diritti di libertà, vecchi e nuovi, il primo dei quali ovviamente è lo stesso diritto di vivere, e di vivere bene, cioè secondo la natura e la dignità dell’uomo. Un liberale, un radicale, perciò, non può che essere naturalmente ecologista.

02 novembre 2006

 

Da "al lupo, al lupo!" alla biodiversità. E Natura è meglio di ambiente

Tanti auguri al Wwf Italia e al suo fondatore e presidente, Fulco Pratesi, che ha voluto invitarmi alla grande festa per il 40.o anniversario della prima e più prestigiosa associazione ecologica italiana, svoltasi a Roma nell'Auditorium dell'università Luiss. E' stata una bella festa in cui tutto è andato bene, compreso il pranzo all’aperto nel parco. Tanta gente, giovani e meno giovani da ogni parte d’Italia, e poi testimonianze, filmati, discorsi, relazioni, monografie, interviste, coccarde, ministri, amministratori, esperti, scienziati, giornalisti, fotografi. Senza il Wwf, certamente, le specie animali e vegetali in Italia sarebbero meno protette, e qualcuna, forse, come il lupo italico e l'orso marsicano, oggi sarebbe scomparsa o in via di estinzione.
E c’è stata anche una novità politica e un’inversione di tendenza terminologica, come ha giustamente messo in rilievo Francesco Mezzatesta, della componente naturalista dei Verdi. In tarda mattinata, di fronte ad un'affollata platea, ha preso la parola il ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio che, facendo tutta una serie di esempi di difficoltà nell'impostare una corretta politica ambientale, non solo per le associazioni protezionistiche, ma anche per un ministro, ha lamentato che ormai "tutto è ecologico", ogni progetto viene presentato come "ambientale", perfino un'autostrada. In realtà bisogna essere preparati a cogliere la faccia nascosta, il rovescio della medaglia. Tra i tanti esempi, ha fatto anche quello dell'eolico. Che va bene - ha detto - ma poi per come viene fatto oggi, piantando una foresta di pali, non va più bene. Frase che non ho potuto registrare o trascrivere, e quindi non è possibile riportare tra virgolette, ma che aveva il preciso significato semantico d'una chiara e netta presa di distanza dall'eolico,per come viene realizzato oggi in Italia. E così, uditi i commenti in sala, è stata interpretata dai presenti. "Ha parlato come se seguisse quasi alla lettera i contenuti del nostro programma sulla conservazione della natura uscito dalla Conferenza programmatica di Napoli", ha commentato in una newsletter Francesco Mezzatesta. "E' stato un piacere sentire il Ministro dell'ambiente parlare di "natura" (non solo di ambiente) e dei rischi dell'eolico!"

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