27 ottobre 2006

 

La Natura e l’ambiente ridotti al concetto di economia di mercato

La tesi di base di "Ecologia Liberale" è che non il puro esercizio del libero mercato, ma le scienze della natura e tutto il complesso dei diritti di libertà, cioè l’intero liberalismo, debbano caratterizzare di sé un’ecologia finalmente razionale e neutrale, perciò davvero liberale, depurata da qualsiasi tipo di opzioni politiche.
Ma questa tesi non va giù, diciamo, agli iper-liberisti che affollano i blog della catena Tocque-ville e sono presenti anche nell'ala destra dei Radicali.
"Libertarian" sembra l'alfiere di questo esercito molto agguerrito, seguace in modo quasi maniacale dei dettami della "scuola austriaca" di economia, per intenderci, Hayek, Mises & C. e, in Italia, l’ "austriacante" Bruno Leoni).
Come abbiamo condensato nel nostro Manifesto e nella proposta di Patto (v. colonnino a sinistra), noi pur essendo liberali, liberisti e libertari, poiché conosciamo la Natura e siamo anche super-ecologisti, riteniamo percorribile solo di rado e in casi eccezionali lo strumento delle privatizzazioni e del mercato in quel complesso di beni unici o rarissimi che è patromonio di tutta l'Umanità. Ad ogni modo riportiamo qui, ristretto per quanto possibile con fedeltà giornalistica, il lungo articolo di dissenso, leggibile in originale nel sito di Libertarian. Al quale farà subito seguito una prima risposta di "Ecologia liberale" (Nico Valerio):
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"Sgembo e Valerio hanno scritto cose interessanti, sul blog di Sgembo. Spero che sia l'occasione per iniziare una discussione costruttiva su un ambito politicamente interessante, e in cui la teoria economica è fondamentale, come vedremo: l'ecologia. Perché tutto è economia, anche un povero che vende i gioielli della nonna. Insomma, c’è analogia stretta tra questione ecologica e indagine economica. "Economica", cioè soggetta anch’essa - e quella ecologica lo è per antonomasia – a vincoli di scarsità. L'ecologia liberale dimostra come moltissimi problemi ecologici sono economici e/o giuridici. Del resto, "inquinare" significa rovinare qualcosa, e se quel "qualcosa" è di qualcun altro, l'economia e il diritto hanno qualcosa da ridire. L'errore concettuale in cui si rischia di cadere ad eliminare la teoria del valore ("economico") dalla trattazione dei problemi ecologici è quello di pensare che la Natura sia un bene assoluto. Se così è, allora già Romolo che fonda Roma con l'aratro è da criminalizzare.
Insomma, stringi stringi, anche la protezione dell’ambiente si riduce a mercato. Facciamo un esempio da scuola. Se esistono 1000 zone naturali intatte e 0 ambientalisti, queste 1000 zone intatte avranno valore nullo (nessuno è ecologista per definizione) e quindi verranno certamente trasformate. Se per mantenere 1 zona intatta servono 1000 ambientalisti, allora la domanda di mercato di zone intatte sarà proporzionale al successo ideologico del protezionismo ambientale, e potrebbe benissimo essere sufficiente a tenere 10, 100, 1000 o 2000 zone fuori dal mercato (come i gioielli della nonna). Se il numero di ambientalisti è insufficiente a fare un mercato (con donazioni, vincoli volontari come nel caso del nucleo originario del Parco d'Abruzzo, turismo ecologico...) da 1000 scenderà, poniamo a 900. Ma questo farà aumentare il valore marginale delle zone intatte, e diminuire quello delle zone trasformate... Il numero degli ambientalisti scenderà ancora fino all'equilibrio. Alla fine (sistema in equilibrio), ci sarà un numero tot di zone mantenute intatte da turisti, benefattori, proprietari. Il numero varierà da 0 a 300.000 kmq (in Italia) a seconda di quanti ecologisti ci sono. Cioè, di quanta domanda di mercato del bene "natura incontaminata" possono creare.
Dal che si deduce che il mercato non ha nulla a che fare con la commerciabilità. Se per ipotesi un milione di italiani volesse conservare la natura, potrebbero comprare ciascuno 5.000 kmq di territorio nazionale (in media). Il problema attuale è quindi che questo non si può fare: problema creato dallo Stato. Per riassumere, in sostanza: La teoria economica vale anche per beni non commerciabili La maggior parte dei problemi ecologici è risolvibile tramite i principi del liberalismo lockiano (privatizzando...) Non ci sono difficoltà a concepire una domanda di "beni naturali incontaminati" sul mercato libero (e l'esempio del Parco d’Abruzzo dimostra che la mia idea non è aria fritta). E’ la politica, semmai, che impedisce l'equilibrio domanda/offerta, creando un conflitto non necessario tra mercato ed ecologia.
L'unica cosa su cui non posso assentire è il valore apodittico del "Natura bene assoluto" dell'ecologismo estremista: questa mentalità è secondo me incompatibile con il liberalismo, totalitaria e intrinsecamente anti-umana".
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Nella foto l'economista austriaco Ludwig von Mises

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